Il principe rubino 
(da "Fiabe, miti e leggende dell'antica Persia" di G. Agrati - M. L. Magini - Ed. Primavera)

C'era una volta un uomo poverissimo che aveva lasciato il suo villaggio per andare a cercare lavoro in città. Camminava con il capo chino sotto il peso delle preoccupazioni e del fagotto che conteneva tutto quello che possedeva sulla terra, quando, in una buca della strada,scorse un grosso ciottolo rosso. Era così bello e splendente che il pover'uomo lo raccolse e se lo mise in tasca. Arrivato nella capitale, lacero e affamato per non aver trovato alcun lavoro si presentò al cuoco del palazzo dello scià e gli chiese di sfamarlo
- Non ho da darti che questo sasso - disse scusandosi - Ma se ti piace, lo puoi considerare il pagamento per un boccone di pane.
Il cuoco di corte era un uomo di mondo, e per di più onesto. Si accorse che il sasso era un rubino di grande valore. Perciò rispose: 
- Questa gemma vale ben più di un pasto. Vai dallo scià che te lo pagherà il giusto prezzo.

Saputo del rubino, lo scià ricevette subito il mendicante, ammirò lo straordinario gioiello e lo comprò per un sacco pieno di monete d'oro, poi chiuse la gemma in uno dei suoi forzieri. Ma siccome era un vero appassionato di pietre preziose, già il giorno dopo aprì di nuovo il forziere per rimirare il nuovo acquisto. Immaginate come restò quando,sollevato il coperchio, al posto del rubino vide uno splendido giovane alto e bruno e dall'aspetto nobile e fiero!
- Chi sei? - gli chiese il sovrano appena si fu ripreso dallo stupore.
- Posso solo dirti che sono il principe del rubino - gli rispose il giovane con cortesia, ma anche con fermezza.
Lo scià non fu affatto soddisfatto. Indispettito replicò: 
- Va bene, se non posso sapere chi sei ti metterò alla prova, almeno capirò come sei. Il paese è infestato da un drago che ci costringe a un tremendo tributo di sangue. Molti campioni sono già morti a causa della sua voracità e della sua ferocia. Io ho promesso la mano di mia figlia a colui che riuscirà a ucciderlo. Prova anche tu.
- Regalami armi e armatura, e ti libererò dal drago - dichiarò il giovane risoluto.

Lo scià fece portare un'armatura di cuoio lavorato, uno scudo decorato, una spada ben bilanciata e perfettamente affilata, e il principe si preparò. Poi si incamminò verso lo stretto vallone in cui dimorava il drago, ma non ne vide traccia. Aspettò e aspettò, le ore passarono e il drago non compariva. 
Il principe si appoggiò con le spalle a una pietra e si addormentò. 
Fu svegliato da un suono simile a un ruggito, ma molto più forte, e da un'improvvisa sensazione di calore. Subito desto, balzò in piedi con la spada sguainata e si trovò davanti a una montagna di carne coperta da ruvide scaglie multicolori e sormontata da una grossa testa dalla bocca irta di denti e vomitante fuoco e fiamme. Il principe fu velocissimo. Alzò la spada e, prima che il mostro riuscisse a difendersi, la calò nel in cui il capo del drago si univa al corpo. La testa rotolò in terra e l'immensa carcassa si accasciò e giacque con le corte zampe in aria. 
La mattina dopo, tra le acclamazioni del popolo e la commozione dei cortigiani, il principe del rubino sposava Rudabè, la bellissima figlia dello scià. La giovane coppia trascorse felice i primi mesi di matrimonio ma inevitabilmente arrivò il giorno in cui Rudabè volle sapere qualcosa di più sull'identità dell'amato marito.
- Fino ad ora non ti ho chiesto nulla - gli disse una volta mentre passeggiavano fianco a fianco sulla riva del fiume che scorreva in fondo al parco della reggia - Ma adesso, ti prego, dimmi chi sei.
- Mia adorata - se potessi sarei felice di soddisfare la tua legittima curiosità - le rispose il principe - ma credimi non mi è proprio possibile.
-Caro, come puoi pensare che trascorra tutta la vita accanto a un uomo di cui non so nulla? - insisté la principessa ormai prossima alle lacrime. Il giovane innamorato soffriva tremendamente nel vedere l'infelicità dipinta sul bel volto della moglie.
-Davvero, cara, non chiedermi altro, mi perderesti…- le disse, ma nella sua voce si sentiva la tentazione di parlare. Stava per cedere, ma non fece in tempo perché dal fiume, fino a quel momento tranquillo, si alzò una grandissima ondata e lo trascinò tra i flutti. Un attimo e le acque si richiusero placide su di lui. Il principe del rubino era scomparso.  

La principessa svenne e quando tornò in sé era talmente addolorata che non volle più mangiare. Trascorreva le ore singhiozzando sulla riva del fiume e invocando il ritorno dell'amato. Qualche volta, vinta dalla spossatezza, cadeva in un sonno agitato, ma poi si svegliava più disperata che mai. Il padre e le ancelle la esortavano a tornare nelle sue stanze per prendere un po' di riposo, ma Rudabè non rispondeva nemmeno. Con lo sguardo fisso sulla corrente, ripeteva il nome del marito come se avesse del tutto perso la ragione. Una notte che sedeva sulla sponda con gli occhi rivolti alle onde vide uscire dall'acqua una lunga fila di fanciulli vestiti da paggi. I giovinetti si misero a ripulire il prato che digradava verso la riva, vi distesero dei tappeti, ornarono i bordi con mazzi di fiori poi scomparvero e il loro posto fu preso da un corteo di fanciulle che precedeva un vecchio la cui mano stringeva quella di un bellissimo giovane. Era lo sposo di Rudabè, il principe del rubino, ma appariva pallido e smunto come se fosse preda di un'acuta sofferenza. Rudabè rimase immobile, nascosta nell'oscurità resa più fitta dalle lampade sfavillanti che le fanciulle sorreggevano tutto intorno al prato coperto di tappeti. Altre fanciulle seguirono le prime e, al suono di una musica celestiale che saliva dal fiume, si misero a intrecciare armoniosi passi di danza davanti al vecchio che, seduto su un trono d'oro, sembrava molto felice. 
Quando il ballo delle fanciulle ebbe termine, furono i giovanetti a dar prova di leggiadria con danze dolci e struggenti. Infine il vecchio fece segno al principe che era arrivato il suo turno. Il principe era evidentemente troppo debole per ballare. Rimase in piedi, con le braccia lungo i fianchi, barcollando come se fosse sul punto di svenire. A Rudabè si strise il cuore. Come fare per aiutare l'amato? - si chiese. Poi fece un passo avanti, entrò nel cerchio di luce e si lasciò trascinare dall'incanto della musica.
Come danzava bene la principessa! Che grazia in ogni suo movimento! Nessuno al mondo aveva mai danzato meglio di lei e nessuno lo avrebbe mai fatto per quanti secoli e millenni fosse durata l'umanità!
- Incantevole fanciulla - le disse il vecchio risollevandola dall'inchino con cui la danzatrice aveva terminato il ballo - per ringraziarti del dono di bellezza che mi hai fatto, esaudirò qualunque tuo desiderio.
- Eccolo, anche se soffro molto a separarmene - disse mettendo la mano del giovane in quella della sposa.
- Io sono il re dei fiumi di Persia - continuò poi- e il principe Rubino è il mio diletto figlio. Vi do la mia benedizione e vi auguro di vivere felici per il resto dei vostri giorni.
E così fu.

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