La motivazione del percorso...

...e le scelte metodologiche

 

 "Se l’unico utensile di cui disponete è un martello, tenderete a trattare ogni cosa come se fosse un chiodo" (Maslow) e quindi, se vogliamo vedere il bambino dobbiamo vederlo come le tante cose visibili e invisibili che è, e dobbiamo avere a disposizione una gamma immensa di utensili con cui lavorare. Ecco l’interesse, la sfida, la meraviglia, quando si lavora con gli esseri umani anziché con le macchine (da "Vivere, amare, capirsi" di Leo Buscaglia).

Una gamma immensa di utensili è possibile averla solo sapendo ascoltare, cogliere e dare importanza agli innumerevoli segnali che quotidianamente i bambini ci trasmettono; tutto questo però spesso mette in crisi l’insegnante, che, abituato a gestire direttamente il proprio lavoro si troverà ad abbattere quelle che fino ad allora erano le proprie convinzioni metodologiche e i propri schemi mentali e culturali.

Che fatica… rendersi conto che le proprie scelte metodologiche devono essere messe in discussione per valorizzare al meglio le potenzialità di ogni bambino, e che sorpresa scoprire la molteplicità delle intelligenze presenti in ogni persona al punto di comparare finalmente l’intelligenza emotiva a quella cognitiva, prendendo inoltre coscienza che l’integralità della persona sta proprio nella interazione tra le due intelligenze.

Da non sottovalutare l’importanza del concetto di empatia; l’insegnante, mettendosi in gioco emotivamente, si avvicina al bambino affettivamente dando e ricevendo fiducia, proponendosi come regista e non più come attore del processo educativo, essendo presente, come sostiene Vigotskj, come scaffolding (impalcatura di sostegno) a cui i bambini possono appoggiarsi solo se lo vogliono.

Le nostre esperienze ci hanno portato a condividere teoricamente e talvolta praticamente i concetti sopra espressi, ma solo quest’anno abbiamo avuto la possibilità di poterli applicare appieno.

Siamo fermamente convinte che questo strumento di lavoro debba concorrere al pieno rispetto  del bambino, dei suoi ritmi e stili di apprendimento, a quella che Patrick chiama motivazione, alla necessità e volontà dell’insegnante di dare importanza non tanto al prodotto finale (che spesso negli ordini di scuole superiori si esprime in una valutazione che giudica singole prestazioni, perdendo di vista l'unicità della persona) quanto al processo che il bambino matura mettendo in atto l’aspetto meta-cognitivo che gli permetta di essere esso stesso il costruttore delle proprie conoscenze attraverso l'esperienza nella sua molteplicità di forme (non trascurabile a questo riguardo è l’apporto relativo ad "imparare ad imparare" di Jacques Delors nel suo testo "Nell’educazione un tesoro").

L’importanza dell’attenzione al processo porta a valorizzare quello che Bruner chiama principio dell'autostima, soprattutto dando significato e valore a qualunque prodotto svolto dai bambini che talvolta non coincide con ciò che l’insegnante si aspetta ma che nasconde un processo articolato e significativo di apprendimento ( processo di esternalizzazione: nel nostro caso particolarmente efficace in quanto espone il processo/prodotto non di un singolo ma di una collettività, sottolineando l’importanza dell’interazione e il senso di appartenenza ad un gruppo).

Non trascurabile il fatto che un lavoro di questo tipo permetta una attenta osservazione dei processi messi in atto dai bambini e, in un secondo momento, una accurata documentazione, possibile solo se le insegnanti sono attente a "cogliere" e "sentire" le richieste dei piccoli, naturalmente in una gestione a piccolo gruppo con la compresenza di due insegnanti.

Nel nostro caso specifico la gestione a piccolo gruppo si è limitata alla presenza di sei bambini e, cosa importante, non scelti a caso, ma in base alla loro forte motivazione, in quanto riteniamo controproducente "obbligare" in modo direttivo bambini disinteressati o interessati ad altro.

Il gruppo che si è andato a formare è stato allargato alle due sezione di tre anni presenti nel plesso dando modo e opportunità sia ai bambini che a due insegnanti di poter cooperare attivamente arricchendosi reciprocamente sia da un punto di vista relazionale che professionale.

Il lavoro tra le due sezioni ha avuto inizio già fin da Settembre, quando le quattro insegnanti hanno progettato un tipo di lavoro che, dopo un primo periodo di inserimento, integrasse le due sezioni come se fossero una sola.

La programmazione di sezione è stata unica, come pure gli obiettivi, le finalità e le varie attività.

L’esperienza è stata talmente positiva che riteniamo importante ripeterla anche il prossimo anno estendendo ancor di più i momenti di interscambio tra le due sezioni.

Gli angoli presenti nelle suddette sono stati organizzati in maniera tale che risultassero comuni fatta eccezione per l’angolo tematico (tana del riccio) il cui allestimento è avvenuto come spazio all’interno della prima sezione, come progetto da un interesse comune a gran parte dei componenti delle due sezioni. In un primo momento il progetto è stato portato avanti da tutti i bambini e da tutte le insegnanti, che ciclicamente si sono interscambiati (tutti i lunedì in orario di compresenza) per effettuare la coloritura di campiture con spazi predefiniti che sono state utilizzate come parete-contenitore della tana del riccio.

In un secondo momento, durante un’altra conversazione, si è potuto notare quali erano i bambini veramente interessati alla costruzione della tana e dei suoi arredi, si è formato così un piccolo gruppo costituito da circa sei bambini seguiti da due insegnanti entusiaste di portare avanti questo percorso e fermamente convinte di condividere una metodologia non direttiva ma ispirata alla motivazione e agli interessi dei bambini.

 

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