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       Quadri familiari: 
      dentro la cornice... la mia storia  | 
  
  
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       I bambini hanno costruito una cornice che rappresenta il contenitore dei 
      propri ricordi: 
      il quadro come rappresentazione simbolica del tutto, il 
      filo come metafora della vita.  | 
  
  
    
      
        
        
          
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      Per la mia cornice, che ho fatto per teatro, ho 
      usato: la lana, due foto, dei miei ricordi, un bavaglio, il pupazzo Celestino  e lo scotch. Si inizia col prendere la lana, srotolarla fino 
      all’altro bordo della cornice, legare il filo e in fondo cercare di 
      attaccare il gomitolo di lana. | 
           
          
            
      Poi prendo le foto le appoggio sopra e con lo scotch 
      dietro le attacco. 
            Uguale per il bavaglino, mentre per Celestino ho preso lo scotch di 
      carta ma non rimaneva attaccato e allora l’ho fermato con lo spago. 
            I ricordi che mi sono piaciuti di più sono la conchiglia, il 
            bavaglino e Celestino. 
            La conchiglia è una conchiglia fossile che ho trovato su una 
            spiaggia in Puglia dove abita la mamma della mia zia. 
            Un altro ricordo è il mio bavaglino con il nome. Me lo aveva fatto 
            la nonna Lella, mi piaceva tanto che me lo volevo mettere tutte le 
            volte che mangiavo. 
            L’ultimo ricordo che mi è piaciuto è Celestino. E’ un piccolo 
            pupazzo che usavo per andare a dormire e lo consideravo mio 
            fratello. 
            Quando sono cresciuto ho capito che non era un fratello, non lo uso 
            più per dormire ma lo lascio sul letto così mi ricorda quando ero 
            piccolino e ci dormivo insieme. Celestino me lo ha regalato mia zia 
            Simona. | 
            
             
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      La mia cornice è fatta con il legno di colore scuro 
      e dentro la cornice ho attaccato della lana di colore scuro e dentro la 
      cornice ho attaccato della lana di colore diverso. 
      Il nero mi dà una sensazione di buio, il rosso mi dà una sensazione di 
      fuoco, il verde invece di speranza, il rosa di simpatia e il blu di 
      felicità. 
      Ho legato nei fili di lana dei sassi del mare, poi ho attaccato delle foto 
      mie e dei miei genitori. 
      Ho anche attaccato delle conchiglie molto belle, poi alcuni oggetti e il 
      mio nome.  | 
  
  
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      La mia cornice è fatta con tanta cura perché le cose 
      che ho attaccato sono cose che per me hanno molto valore. Nella cornice le 
      cose sportive sono legate con della lana blu, mentre con della lana rossa 
      gli oggetti più preziosi e in viola foto e ricordi. Le cose che ho 
      attaccato sono poche, però per me hanno un significato grandissimo. 
      Fare quest’attività, per me, stimola molto la creatività artistica.  | 
  
  
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      Per fare la mia cornice ho usato il tessuto non 
      tessuto e l’ho attaccato dietro le assi. Dopo con il nastro adesivo ho 
      attaccato: un bambolotto di nome Lapo lo portavo sempre con me e la mia 
      nonna mi aveva cucito un vestitino per lui; poi il mio libro preferito 
      intitolato “ piccola peste” e la sera se non me lo leggevano io non mi 
      addormentavo. 
      Ho attaccato anche un disegno che aveva fatto una mia amica di nome 
      Eleonora, io ci tengo molto perché era la mia amica del cuore. Ho messo 
      una foto di quando avevo tre anni; ho due code a "spepera" e un bicchiere 
      con cannuccia in mano. L’ho messa perché questa foto mi fa tanto ridere. 
      Poi un anello con orsetto arancione con cappello che mi ha regalato la 
      mamma quando è andata a Firenze e due maracas che ho costruito alla scuola 
      materna.  | 
  
  
    
      
        
          
      La cornice che ho fatto ha un significato 
          particolare, non per come ho posizionato gli oggetti, ma per gli 
          oggetti che ho scelto: ho messo come sfondo il tessuto non tessuto 
          perché mi dava l’idea del passato. Al centro ho posizionato subito il 
          Professor Patata che, all’apparenza, è un po’ brutto, ma che per me ha 
          un significato particolare: era il giocattolo mio preferito da 
          piccina che mi aveva regalato la mamma. Questo Professor Patata io lo 
          chiamo Potatoes, prende il nome dal suo naso a patata, lo portavo 
          sempre con me. Subito accanto a sinistra, la sinistra di fronte a me 
          intendo, c’è Didolina; dove l’ho preso? All’isola d’Elba. Ho scelto 
          subito quella perché è con il fiocco rosso ed il vestito rosso, stavo 
          cercando quello del mio segno zodiacale, ma siccome non c’era ne ho 
          presa una a caso e, guarda caso mi è capitata la Vergine il segno 
          della mia mamma, ma io ho sempre detto che era dell’Ariete anche se 
          io, ai segni zodiacali non ci credo neanche un pochino. Accanto a 
      Potatoes, ma a destra, c’è Max che è un gattino con il pelo vero e liscio 
      dentro una piccola cuccia. 
      Le foto le ho 
          messe quasi a formare l’albero genealogico della mia famiglia: in alto 
          a destra potrete vedere il mio babbo, all’opposto mia mamma, in basso 
          sotto mio babbo c’è mio zio e sotto mia mamma mia cugina Laura. 
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             Una storia 
            senza cornice  | 
  
  
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             LA GUERRA 
             
            Mi chiamo Mal e sono nato nella ex Jugoslavia, in una regione 
            chiamata “Kosovo”. 
            Sono nato nel 1997, in un periodo di guerra tra il mio paese e la 
            Serbia. 
            I Serbi avevano bruciato la nostra casa e quella dei vicini, così 
            siamo scappati in Albania. 
            Io ero con la mamma, ma poi mi hanno mandato dai miei parenti , 
            protetto da un religioso che non poteva essere ucciso. Quando sono 
            arrivato mio zio mi ha preso in braccio e poi siamo scappati con un trattorino: eravamo una ventina. 
            La nonna aveva dei soldi e dei gioielli e me li ha messi nei 
            calzini, perché i Serbi controllavano.  | 
  
  
    
            Io che sapevo già parlare, ho detto: “Non li 
            voglio”, ma quando la nonna mi ha detto che c’erano i cattivi, li ho 
            tenuti. 
            Ho visto tante persone morire e tanti bambini piangere; mio zio 
            stava rischiando la vita per me, mi andava a comprare i biscotti ed 
            il latte in mezzo alla guerra. Quando siamo arrivati in Albania, gli 
            Albanesi ci hanno accolto come loro fratelli. 
            Noi siamo andati in una famiglia benestante. La mamma e il babbo mi 
            hanno riconosciuto in televisione: ero con la nonna in un campo 
            profughi della Croce Rossa Italiana. Così il mio babbo è venuto a 
            prendermi e mi ha portato in Italia.  | 
  
  
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