Due bambini
volevano fare amicizia, parlare tra loro ma non riuscivano a
comprendersi con le parole, tanto erano diverse le lingue che parlavano.
Mirco era nato vicino al fiume che traversava, serpeggiandola, una
pianura fertile: il “Valdarno”.
La sua casa specchiava la facciata proprio in un punto dove l’acqua
pareva distendersi quieta. A volte la luce aveva riflessi rosati che
battevano sui vetri della sua finestra e lui osservava questo spettacolo
con meraviglia, distogliendosi dai tanti compiti scolastici. Insomma
volava con la fantasia e i numeri si staccavano dal quaderno, sommandosi
ai mille riflessi di luce dentro al suo pensiero che si formava felice.
Samira proveniva da un’altra pianura fertile la Mesopotamia. La guerra
aveva distrutto interamente il suo villaggio. Percepiva il presentimento
della partenza, percorse a piedi molta strada per arrivare sulle rive
dell’Eufrate, infilò le gambe nell’acqua fino al ginocchio, poi piano,
piano, immerse interamente il suo giovane corpo perché questa sensazione
di freschezza potesse incidersi per sempre nella memoria a ricordo della
sua terra.
Quando risalì sulla riva vide un ciottolo a striature verdi spiccare
sugli altri per bellezza. Lo strinse nella sua piccola mano, gli fece
sentire i battiti del cuore e lo ripose nella tasca del vestito. Poi,
con una sottile contentezza nello sguardo, riprese di corsa la strada
del ritorno: doveva rientrare al suo villaggio prima che calasse il
sole. Suo padre la sollevò in braccio, proprio quella stessa notte,
mentre dormiva sotto le stelle, al fuoco dei falò e come un sogno
infinito iniziò da lì il suo viaggio, la fuga verso la salvezza.
Il destino ha portato oggi Samira ad abitare in una piccola casa che è
proprio davanti a quella di Mirco. Samira da quel giorno non si è mai
più separata dal ciottolo verde, anzi è diventato il suo piccolo segreto
che viaggia sempre con lei nel fondo della tasca. Quando è triste, senza
farsi vedere da nessuno, lo estrae e se lo mette vicino all’orecchio,
ascolta le parole dolci che il sasso sa trovare solo per lei e che la
fanno sognare. Quando è allegra lo stringe al suo cuore e per lui canta
la canzone della meraviglia, sa che l’ascolta con quel profondo
sentimento di amicizia, allora lo stringe più forte e balla con una tale
allegria da meravigliare l’airone che abita nelle vicinanze e si solleva
in volo preso sempre dalla curiosità di ogni avvenimento.
Davvero il destino a volte è capriccioso a volte benevolo, anche Mirco
aveva un segreto molto simile a quello di Samira. Un giorno si ricorda
di essere stato cavallo sulle colline senesi, accese da un verde
fiammante e primaverile, poi la sua corsa si fermò ai piedi di un
calanco dove affioravano lucentissimi pezzetti di madreperla, resti
remoti di quello che fu un antico mare. Preso dalla curiosità cominciò a
scavare con le mani e fece riemergere una bellissima conchiglia fossile,
trovò anche lì vicino una strana pietra lucente.
Solo a casa, dopo aver lavato la pietra, si accorse che portava appena
impresso su un lato la spirale di una chiocciola marina, e la sua
lucentezza rosata esaltava questo meraviglioso bassorilievo della
natura. Era così emozionato del ritrovamento che la infilò per tante
notti sotto il cuscino. Furono i sogni più belli, a tratti ricorda di
avere solcato l’oceano su una barca a vela e sentito gridare forte:
terra, terra.
Quel pomeriggio Samira e Mirco si incontrarono nel solito cortile fatto
di pietre acciottolate di fiume ben disposte una accanto all’altra.
Mirco con la bicicletta nuova fiammante girava intorno veloce come non
mai, “faccio trenta all’ora” gridava guardando il contachilometri.
Samira intuiva la sua allegria ma non comprendeva le parole, però si sa
l’allegria è contagiosa e senza porsi troppe domande anche lei scoppiò a
ridere quando dopo aver lanciato in alto un cerchietto di legno con due
bastoncini lo vide ricadere proprio sulla testa di Mirco. Con una mano
le tolse quella corona da Re, piovuta dal cielo e aprì l’altra nella
quale teneva stretta il suo preziosissimo ciottolo. Mirco fermo ma
ancora in sella alla sua bicicletta capì subito che Samira gli offriva
in dono quel piccolo e bellissimo sasso a striature verdi. Lo prese,
sentì nella sua piccola mano un lieve calore, lo baciò e se lo mise in
tasca.
- Quel sasso è la mia terra, le stelle del mio paese, la mia gente -
disse Samira nella sua lingua.
Queste parole furono comprese benissimo da Mirco, la pronuncia risultava
perfetta anche se con un leggero accento straniero, si capiva però che
era la stessa voce della bambina a pronunciarle.
- Allora mi hai preso in giro per tutto questo tempo Samira, tu sai
parlare la mia lingua?
Ma Samira, con una faccia a punto interrogativo, non riusciva a
comprendere la domanda di Mirco. Che strano pensò Mirco: “io capisco
quello che lei dice mentre lei non comprende quello che dico io”.
- E’ tardi devo rientrare, spero che il sasso del mio fiume ti sia
piaciuto, tu sei il mio migliore amico e anche se non comprendo le tue
parole sono contenta quando ti vedo.
Mirco rimase ancora di più stupefatto, si grattò la testa, salutò Samira
sventolando la mano, proprio in quel momento gli balenò nella testa
un’idea per sciogliere il misterioso enigma: “io comprendo le parole di
Samira, da quando lei mi ha regalato il suo sasso”. Questo pensiero
andava accrescendo la convinzione che proprio quel sasso avesse in sé il
potere di rendere comprensibili le sue parole. Mirco fece altri giri con
la bicicletta, con una leggerezza tale da sentirsi così felice, di una
felicità che saliva fino a toccare il volo dell’airone sopra la sua
testa.
Si sa Mirco come tanti ragazzi intelligenti era un po’ disordinato,
nella sua cameretta potevi trovarci un sacco di meraviglie mescolate tra
loro: la spada invincibile con il raggio laser incastrata tra i libri
delle piramidi e dei pesci tropicali, in un angolo i resti di un
castello medievale con sopra una miriade di soldatini dell’ultima guerra
tutti verdi per lo spavento, un solitario cavallo delle crociate che
aveva perso il cavaliere…per non parlare delle bilie, delle palline da
tennis disseminate ovunque, pronte a farti perdere l’equilibrio.
Ma ricordava bene, in quel caos totale, dove aveva riposto la
preziosissima pietra, si quella pietra preziosa che con meraviglia le
sue mani abili riuscirono a portare alla superficie scavando una roccia
che si sgretolava da sola. Lo colpì la sua trasparenza alla luce: dentro
erano impressi dei minuscoli rametti di chissà quale preistorico
arbusto. Provò a bagnarla, con la bottiglietta dell’acqua minerale, per
ripulirla dai detriti di terra e quella fu proprio un’operazione che
accese in lui lo stupore, tra le mani si ritrovò riflesso il sole.
Senza indugio aprì il cassetto della scrivania e prese la scatola
ricoperta internamente da una bella stoffa rossa, un tempo prima che si
guastasse il meccanismo, quando tirava su quel coperchio, si sentiva
fare un clik metallico e subito dopo la giostrina in miniatura si
metteva in moto con tanta musica intorno. La scatola era scampata ad
ogni riordino della stanza, i genitori senza dire niente ogni tanto
facevano sparire da quella confusione alcuni vecchi giocattoli ritenuti
ormai inutili. I grandi a volte sembrano avere una intelligenza
limitata, non gli viene mai il dubbio che proprio quel soldatino senza
una gamba, quella bambola con i capelli spelacchiati e i vestiti sporchi
rappresentino per noi il centro delle nostre attenzioni, dei nostri
affetti, delle nostre confidenze che non osiamo mai dire ad altri.
Mentre era immerso in questi pensieri Mirco tira su il coperchio della
scatola: per una inspiegabile e misteriosa magia il carillon si mette a
suonare e la giostrina gira su se stessa come se il tempo non fosse mai
passato. Ma la piccola pietra ambrata non era più dentro quella scatola.
Mirco si mise le mani sulla fronte, cadde a sedere sullo sgabello e
scoppiò a piangere disperato. Frugò la tasca dei pantaloni e un po’ si
rassicurò sentendo le lisce curvature del sasso che la sua amica gli
aveva regalato.
Samira quel giorno non vide il suo compagno di giochi, rimase molto
sulla terrazza a seguire le rapide risalite verso il cielo dell’airone
che poi discendeva, in giri acrobatici, vicino al fiume posandosi sui
rami degli alberi. Talvolta passava così vicino a lei che quasi poteva
sfiorarlo con la mano. Entrò in casa, prese una fetta di pane e la
sminuzzò sul balcone, poi si rintanò quatta, quatta in un angolo della
terrazza. L’airone si fece coraggioso, con un balzo preciso raccolse col
becco il pezzetto più grosso posato sul davanzale. Si accorse della
presenza della ragazza: prima di ripartire aprì le ali in un cenno di
saluto o di ringraziamento, poi si diresse verso il suo nido a
depositare quel cibo prezioso. Ritornò tante altre volte finché i
minuzzoli di pane non si esaurirono. Apparve ancora quando il cibo era
già terminato.
Questa volta però prese coraggio, atterrò con la perizia di un pilota
esperto proprio dentro il balcone vicino a Samira, sul suo becco portava
un piccolo fiorellino che lasciò cadere sulla sua mano. Un’amicizia
improvvisa che da quel momento sempre si rinnova e l’airone non si
scorda mai di portare un dono a Samira dopo aver fatto una bella
scorpacciata: una moneta lucente, un orecchino, una foglia rossa, tante
altre piccole cose portò alla sua amica ma vedendo nei suoi occhi la
nostalgia per la sua terra lontana ancora devastata dalla guerra, pur
sapendo bene di non essere una colomba, spiccò un volo lungo e teso con
un rametto di olivo nel becco che lasciò sul balcone come segno di pace.
Samira raccolse tutti quei minuscoli doni e li ripose senza dire niente
a nessuno in una vecchia scatola di latta, commossa da come un semplice
pennuto potesse aver colto il suo desiderio più profondo: riportare la
pace nel suo lontano paese.
Il giorno successivo, vide Mirco molto triste, gesticolò con le mani
come per dire: aspetta, aspetta, guarda cosa faccio.
Prese un po’ di rincorsa e slurp una capriola perfetta acrobatica e poi
una serie di giravolte nell’aria della piccola piazza, frun, frun, fric.
- Peccato che tu non mi capisca - disse Mirco - sono triste perché ho
perduto una pietra che avrei voluto regalarti e che aveva forse la
stessa magia del tuo sasso.
- Non fa niente vedrai che la tua pietra ritornerà a farsi viva -
rispose Samira cercando di confortarlo.
- E’ impossibile l’ho cercata anche nel nascondiglio segreto, dentro la
scatola del carillon, ma niente!
- Vedrai, vedrai se la desideri così tanto non si è persa si sarà presa
solo una piccola vacanza.
- No, mi sembra di ricordare di averla persa un giorno sul fiume quando
mi sono tolto la camicia …faceva un caldo!
- Sai capita talvolta che le cose perse poi ritornano all’improvviso a
fare capolino.
- No, ho il presentimento che quella piccola pietra di colore ambrato si
sia mescolata con le altre del fiume e chissà dove sarà andata a finire.
- Allora era una pietra che amava la libertà - disse con un bel sorriso
Samira.
- Forse hai ragione quella pietra amava proprio la libertà. - Questo
pensiero fece molto sorridere anche Mirco.
- Che strano però nella mia tasca ne ho una simile a quella che hai
descritto - disse Samira.
I due ragazzi si guardarono stupefatti negli occhi, restando in silenzio
assoluto. Erano increduli, si erano parlati e adesso anche Samira
comprendeva bene le parole di Mirco.
- Mostrami la pietra che hai in tasca! - esclamò Mirco.
Samira estrasse la piccola pietra ambrata, ben riposta nella tasca e con
la mano aperta la fece vedere a Mirco che la osservò attentamente
riconoscendo quella leggerissima incavatura a spirale che la rendeva
unica.
- Grazie al cielo! è proprio la mia pietra quella che tante notti ha
dormito sotto il mio cuscino, alla quale ho confidato i miei segreti più
cari, ma come hai fatto ad averla? - chiese Mirco meravigliato.
Samira gli raccontò la storia del suo amico airone che in cambio di un
po’ di cibo le portava sempre dei piccoli e preziosi regali, così un
giorno preso da un coraggio da leone (lui che era solo un volatile
pennuto) si spinse fin dentro la sua stanza con in becco quella pietra
così particolare che lasciò cadere proprio sulla sua mano mentre
dormiva.
Lei fece appena a tempo a sentire il frullio d’ali e vedere il balzo
oltre il balcone del suo amico pennuto: diventò, poco dopo, un puntino
che graffiava il cielo sereno, azzurro.
- Quella pietra che ho amato tanto ci regala come la tua il dono della
comprensione e adesso è proprio nelle tue mani Samira. - Mentre lo
diceva a Mirco brillavano gli occhi di contentezza.
- Ora che la rivedo e conosco la storia dell’airone, so che la
conserverai con la stessa cura che io dedico al tuo sasso.
- Si che lo farò, questo scambio ci ha dato il dono della comprensione
non potrò mai dimenticarlo.
Allora coraggio regaliamoci ora le parole più belle, dissero insieme, in
coro a voce alta i due ragazzi, quasi cantando.
alfredo
Da un’idea spuntata come una pagliuzza lucente
durante il lavoro dei “Topi di biblioteca”
|